Rosmini: amore per il Cielo - Rovereto città di A. Rosmini

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Rosmini, fede: Storia dell'Amore tratta dalle Sacre Scritture
Amore per la vita ultraterrena
Sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento i giusti pongono il loro amore non nelle cose terrene ma nella vita futura (il Paradiso). Scrive Antonio Rosmini:
  
«Difatti, Mosè, lo si vede mai attaccato a qualche cosa terrena? Alla ricchezza? Non ne volle mai nessuna per sé. All'onore? Fuggì la corte di Faraone, scelse una vita nascosta, cercò di sottrarsi alla missione divina di liberare il popolo, pregò per coloro che detrassero alla sua dignità1).
Alla gloria? Ma con quanta modestia e sobrietà non narra egli le cose di casa sua: e si pospone al fratello Aronne, e conta il difetto ch'aveva della balbuzie, e il suo peccato, vero che fosse o solo figurativo! Alla vita? Ma non prega Dio di uccider lui, anzi che sterminare la sua Chiesa d'Israele [cioè il Popolo d'Israele]? Alla moglie e alla figliuolanza? Da quella vive distaccato, e rinuncia a questa, che pur Dio vuol dargli numerosissima, e niente apprezza, per amore del popolo di Dio, la sua propria discendenza.
Sebbene dunque i Patriarchi santamente desiderassero tutte queste cose, perché nella prosperità esteriore vedevano effigiata l'eterna e veniva glorificato Dio presso le nazioni gentili, e perché nelle generazioni loro aspettavano il Redentore [cioè Gesù Cristo]; tuttavia Mosè, ancor prima della venuta di Gesù Cristo, fa vera professione di vita cristiana, e antepone la povertà, l'umiliazione, gli obbrobii, le pene, la morte stessa, ad ogni bene mondano; e fin d'allora sceglie quella sterilità medesima che si vide poi venir anteposta dalla sapienza della Vergine Maria alla maternità stessa di un Dio2).

È dunque credibile che colui, il quale aveva distaccatissimo il cuore dal proprio sangue, si attaccasse poi con affetto umano a quel popolo, se non avesse visto in esso la Chiesa di Gesù Cristo, vera ed unica erede delle promesse di salute? Ed è credibile che colui che aveva rinunziato a tutte le terrene delizie, abbandonando la corte di Faraone, si sia poi lasciato adescare e prendere dalle delizie, tutte materiali, della terra di Canaan [la terra promessa, N.d.R.]; o non piuttosto che egli amasse quella terra solo perché in essa vedeva l'eterna sua Patria, lontano dalla quale, in questa vita, peregrinava?».3)
Nelle Massime di perfezione cristiana (1830), il Rosmini invita ad imitare, oltre naturalmente a quella della Vergine Maria, l'umiltà di Mosè:
«Il cristiano, dunque, deve imitare l’umiltà di Mosè. Quanto stentò a credere di essere lui l’eletto a liberare il popolo di Dio! Con affettuosa semplicità e confidenza rispose a Dio stesso di dispensarlo da quell’incarico perché era balbuziente. Lo pregò di mandare, invece, Colui che doveva essere mandato: il Messia promesso [cioè Cristo]. E questo, sebbene Mosè traboccasse di zelo per la salvezza del suo popolo»4).
A Mosè è fatto divieto da Dio di entrare nella terra promessa, che può vedere solo dall'alto del monte Nebo, prima di morire. Da quanto si può interpretare dalle Sacre Scritture, le motivazioni di questo divino comando possono essere due. O Mosè viene punito per un suo peccato personale di disobbedienza, commesso quando fece scaturire dalla roccia dell'acqua5), oppure per il «peccato del popolo». Ovvero, Mosè, in solidarietà con il popolo, si carica sulle spalle il peccato degli israeliti, prefigurazione di Cristo, che si caricherà sulle spalle il peccato dell'umanità intera. Entrambe le interpretazioni possono starci:6)
«Sia dunque che Mosè, o peccasse in suo cuore, o che solo esteriormente, e, per così dire, legalmente, commettesse il fallo; o che il peccato suo fosse proprio e personale, o che fosse quello del popolo, che egli, tutt'amore com'era, prendeva sopra di sé; o […] fosse la colpa originale, che, spogliando l'uomo dei doni celesti, lo rende infedele e incapace di dar gloria a Dio davanti agli uomini, finché Gesù Cristo non sarebbe venuto a dischiudere le porte del cielo e a introdurre gli uomini nella terra beata; o fossero tutte queste cose insieme; qui apparisce sempre la carità umilissima di Mosè.  Piega egli riverente il capo al castigo, senza aggiunger parola; e nel tempo stesso che si umilia lui davanti a Dio, vuole anche richiamare il popolo all'umiltà, come al germe della salute; affinché coloro che avevano comune il peccato, avessero comune anche la remissione del peccato. Era infatti conveniente all'amor divino di trattare come reo quel Mosè, nella persona del quale intendeva a correggere tutto il popolo; ed era conveniente all'amore di Mosè di tentare di richiamare a riconoscere la propria colpa quel popolo, per la cui salute egli non aveva dubitato di farsi colpevole»7).  
«Mosè dunque, che s'era piegato a prendere sopra di sé la colpa degli altri, accetta anche la pena del peccato, dicendo a Dio che lo cancellasse pure dal libro della vita 8). Premuroso di una sola cosa, cioè del Messia [Gesù Cristo], appena intimatagli la morte vicina, non risponde altrimenti che col pregare Dio di mandare un Pastore per il suo popolo. Così:

il Signore Dio degli spiriti di tutti gli uomini provveda a questo popolo un Capo, il quale abbia virtù bastevole per uscire ed entrare davanti ad essi, e per guidarli fuori e per ricondurli, affinché il popolo del Signore non sia come un branco di pecore senza pastore 9).

Dimentica dunque se stesso, e prega per gli altri. E che cosa domanda? Un pastore. Di pastore molti hanno il nome, ma Uno solo è il vero. Colui che disse: «Io sono il buon Pastore» [cioè Gesù Cristo]10). Questo buon Pastore è l'oggetto della preghiera di Mosè; buon Pastore, che ha il potere di entrare per la porta nell'ovile, perché a lui apre il portinaio; e di menar fuori le pecore, perché esse ascoltano la sua voce; e quando le ha messe fuori, di camminare innanzi ad esse, di guidarle e ricondurle, perché esse Lo seguono11). Potere ed autorità che non ha lo straniero, al quale esse non vanno dietro; anzi fuggono da lui»12).
Quando il Rosmini, nell'ottobre del 1834, entrerà parroco in S. Marco, a Rovereto,  nel discorso iniziale si rivolgerà ai suoi fedeli chiamandoli «le mie pecorelle». Non erano facce nuove per lui, li conosceva, essendo suoi concittadini, ma ora non li vedeva più solo come amici e fratelli in Cristo, ma con occhi di pastore; l'«amoroso gregge» gli ispira non più comune amore, ma «sacro zelo». E certamente, ad imitazione di Cristo, egli fu un vero pastore per i fedeli di S. Marco e del decanato.

«[...] e siano rassicurate le mie pecorelle, la prima volta che mi odono parlare,
sentendo dalla mia bocca, che io, tutto fidente nel mio Dio e mio pastore,
assumo il loro governo spirituale con pienissima volontà di spendere
quanto ho di forze nell'adempimento dei miei pastorali doveri,
e anco sacrificarmi (fosse in grado al Cielo!) per esse;  [...] ».13)
«Perciò se, permettendolo Iddio, Mosè errò, affinché Israele riconoscesse che era un puro uomo anche lui, e in lui non ponesse quell'amore che al solo vero Pastore è dovuto; il cuore di Mosè, di questo fedel servo di Dio, corse a impetrare quel Pastore vero del quale egli stesso non era che una pecora, e nel quale vedeva la salute di tutto il popolo; uno, lui stesso, di quel popolo, specialmente ora, per la similitudine del peccato. Sempre così opera la Carità: dimentica di se stessa e sollecita solo degli altri, provvede però sempre, principalissimamente, a se stessa col fare del bene agli altri14)»15).
Il Buon Pastore offre la vita per le pecore
Dal Nuovo Testamento (Bibbia)



«In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei". Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore».

(Vangelo secondo Giovanni 10, 1-11)

«Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce».  

(1 Lettera di Pietro 5, 1-4)
Note:

2) «Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo"». (Luca 1, 34).
3) ROSMINI A., Storia dell'Amore, Città Armoniosa 1977, (trasposizione e aggiornamento linguistico di suor Maria Michela Riva, rosminiana), pp. 115-116.
4) ROSMINI A., "Massime di Perfezione Cristiana - adatte ad ogni persona in qualsiasi condizione", trasposizione e aggiornamento linguistico di suor Maria Michela Riva, rosminiana, Edizioni Rosminiane Sodalitas, Stresa 2020, p. 33.
5) Dio aveva ordinato a Mosè di parlare alla roccia, e da essa sarebbe scaturita l'acqua. Ma Mosè invece la percuote due volte con il bastone. (Numeri 20, 8-11).
6) ROSMINI A., Storia dell'Amore, Opere di Antonio Rosmini, 52, Valle Alfeo e Muratore Umberto (a cura di), Istituto di Studi Filosofici, Centro internazionale di Studi Rosminiani, Città Nuova Editrice, Roma 2002, pp. 78-79.
7) ROSMINI A., Storia dell'Amore, Città Armoniosa 1977, (trasposizione e aggiornamento linguistico di suor Maria Michela Riva, rosminiana), pp. 118-119.
8) «[...] Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!"». (Esodo 32, 32).
9) Numeri 27, 16-17.
10) «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore». (Giovanni 10, 11).
12) ROSMINI A., Storia dell'Amore, Città Armoniosa 1977, (trasposizione e aggiornamento linguistico di suor Maria Michela Riva, rosminiana), pp. 121-122.
13) ROSMINI A., Discorso in occasione del prender possesso della Parrocchia di S. Marco di Rovereto 1834, (Milano tip. Pogliani 1843), Longo Editore, Rovereto 1997, pp. 3-5.
14) «Benefica se stesso l'uomo misericordioso, il crudele invece tormenta la sua stessa carne». (Proverbi 11, 17).
15) ROSMINI A., Storia dell'Amore, Città Armoniosa 1977, (trasposizione e aggiornamento linguistico di suor Maria Michela Riva, rosminiana), p. 122.
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