Rosmini: sull'amicizia - Rovereto città di A. Rosmini

...tra storia, cultura e fede

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Rosmini, fede: Storia dell'Amore tratta dalle Sacre Scritture
Anche l'amicizia è carità
«Giònata volle ancor giurare a Davide,
perché gli voleva bene e lo amava come se stesso».  
(1 Samuele 20, 17 ).

A volte la carità (amore), che può essere di vari tipi, prende - afferma il Rosmini - le forme «di quella che amicizia chiamano gli uomini».
Qualsiasi vincolo che naturalmente lega tra loro i cuori umani (dunque anche i sentimenti di stima, di gratitudine, e persino di mutuo vantaggio), e che non sia illecito o condannato da Dio, non viene distrutto o indebolito ma sublimato dalla stessa carità di Cristo.1)
Rosmini fa l'esempio di una piccola casa che viene trasformata in un ampio palazzo: in una simile situazione, nessuno direbbe di aver distrutto la casa, ma piuttosto di averla trasformata in qualcosa di migliore, quantunque essa non presenti più nulla della forma originaria e non sia più distinguibile. Così è dell'amore naturale tra le persone, con Cristo viene ampliato e perfezionato a dismisura2).
E qui viene narrato un episodio della vita del re Davide, forse meno conosciuto, rispetto ad altre vicende, quali quella della lotta contro il gigante Golia, guerriero filisteo3), e quella dell'adulterio di Betsabea, moglie di Uria l'Hittita4), che Davide fa uccidere per coprire la sua relazione con la donna.
Davide, dunque, grande uomo per molti aspetti, anche per l'amore verso i nemici5), e grande peccatore, sceso in basso fino all'adulterio e all'omicidio. Ma ciò che rende Davide giusto, rispetto ad altri personaggi biblici, tra cui il suo predecessore, il re Saul, che viene definitivamente rigettato da Dio, è il suo sottomettersi alla divina volontà, anche quando sbaglia. Davide non ha giustificato il suo peccato, come invece aveva fatto Saul al rimprovero di Dio, ma l'ha ammesso, si è umiliato e ha chiesto perdono.
L'amicizia - scrive il Rosmini - è «quel bel nodo d'amore» che unisce due anime simili per virtù, temperamenti, abitudini e propensioni. Nasce a seguito della condivisione di una lunga vita in comune, specie se fiorita in anni giovanili, o durante vicende travagliate. Dalla vera amicizia, dunque, scaturisce quella «totale armonia», affinità di pensiero e sentimento, quella condivisione di «affetti e memorie», che fa sì che una persona trovi sè stessa nell'amico e un sè reso migliore. L'anima si congiunge a quella dell'amico e in essa continua6).
Il giovane Davide, chiamato alla reggia del re Saul, aveva stretto una forte amicizia con il figlio del sovrano, Gionata, che era destinato a succedergli al trono. I due giovani si stimano a vicenda e nulla rompe questa fedele amicizia.
Saul, diventato geloso di Davide - poiché Dio lo aveva fatto ungere re al posto suo tramite il profeta Samuele - inizia a perseguitarlo e tenta più volte di ucciderlo.
Il Rosmini afferma che tale amicizia non era legata da alcun interesse, da nessun vantaggio terreno, da nessun secondario motivo. Gionata avrebbe avuto un valido motivo per odiare Davide, essendo erede al trono. Invece, pur continuando a voler bene al padre, difende Davide e lo protegge quando viene a sapere che Saul  lo vuole uccidere. Non solo, ma accetta il volere di Dio che ha stabilito Davide come re d'Israele al posto di Saul, e lui si colloca al secondo posto7).
«Poi [Gionata] gli disse: "Non temere:
la mano di Saul mio padre non potrà raggiungerti
e tu regnerai su Israele mentre io sarò a te secondo.
Anche Saul mio padre lo sa bene"»8).  

Commenta il Rosmini: «...Gionata amava l'anima di Davide per sua. E veramente, che conformità di indoli non era fra quelle due belle anime! Ambedue alto elevate per nobil sentire in virtù della fede e della religione, ambedue soverchiavano col timore di Dio ogni basso timor del mondo»9).
Saul muore in battaglia contro i Filistei, sul monte Gelboe, assieme ai suoi tre figli, tra cui Gionata. Con loro vengono uccisi gli uomini del re, mentre il resto dell'esercito d'Israele fugge davanti al nemico vincitore 10).

Alla notizia di quanto accaduto, Davide piange, si straccia le vesti, fa lutto, digiuna e compone un lamento. Egli avrebbe potuto addolorarsi solo della morte dell'amico, e gioire per quella di Saul, che lasciava libero il trono. Ma così non fa: abbiamo in Davide un «modello meraviglioso che mostra in che ordine gli affetti dell'animo nostro debbano essere disposti e regolati». Anzitutto Davide pensa alla morte di Saul, in quanto unto del Signore 11), quantunque gli fosse nemico, e alla sconfitta del suo popolo, facendo così prevalere la causa del Suo Dio. Fa uccidere l'amalecita che gli porta la notizia della disfatta e che aveva dato il colpo di grazia a Saul, dopo che lo aveva rinvenuto moribondo. L'amalecita si aspetta una ricompensa per tale gesto, invece viene punito con la morte perché non aveva esitato a stendere la mano sull'unto del Signore. Infine, nel lamento, Davide piange la perdita del caro amico Gionata.12)
  «Allora Davide intonò questo lamento su Saul e suo figlio Giònata e ordinò che fosse insegnato ai figli di Giuda. Ecco, si trova scritto nel Libro del Giusto:

"Il tuo vanto, Israele,
sulle tue alture giace trafitto!
Perché sono caduti gli eroi?

Non fatelo sapere in Gat,
non l'annunziate per le vie di Ascalòn,
non ne faccian festa le figlie dei Filistei,
non ne esultino le figlie dei non circoncisi!

[...]
Saul e Giònata, amabili e gentili,
né in vita né in morte furon divisi;
erano più veloci delle aquile,
più forti dei leoni.

Figlie d'Israele, piangete su Saul,
che vi vestiva di porpora e di delizie,
che appendeva gioielli d'oro sulle vostre vesti.

Perché son caduti gli eroi
in mezzo alla battaglia?
Giònata, per la tua morte sento dolore,
l'angoscia mi stringe per te,
fratello mio Giònata!
Tu mi eri molto caro;
la tua amicizia era per me preziosa
più che amore di donna.

Perché son caduti gli eroi,
son periti quei fulmini di guerra?"»13).
«La carità dunque non pensa punto a sé, non cerca le cose proprie. Davide, liberato, con la morte di Saul, da una vita tapina e raminga e piena di mortali pericoli, non se ne rallegra; piange anzi sull'unto del Signore e sulla casa di lui e sul popolo di Dio. Egli non considera né la propria gloria, né il proprio vantaggio, né la propria vita, né, infine, l'amicizia stessa, che fra gl'innumerevoli beni dell'uomo è il più caro; ma innanzi tutto considera gl'interessi di Dio e la gloria di Lui, secondo l'ordine della vera carità. Solo alla fine del canto, dopo sparsi i lamenti per i motivi più sacri, dona lacrime all'amico miseramente estinto, e con pochi accorati accenti rammemora la tenerezza di quell'amicizia. Del suo innalzamento, della sua fortuna, neppure un cenno. E questo, perché se l'amicizia può annoverarsi fra i beni proprii di una persona, essa però è non così propria di uno che non sia anche di altri, cioè dell'amico, del quale si vuole il bene come si vuole il nostro stesso bene»14).

Rapporti d'amicizia in Rosmini...
  


  
«Caro Cugino,  
Domani io t’aspetto a star meco. Ci divertiremo; né per questo io intendo di privarti della funzione delle rogazioni. Vi possiamo assistere insieme, e insieme possiamo conversare con Colui [Dio], per cui è bella e dolce la nostra amicizia. [...]».

Dalla Lettera al cugino, Antonio Fedrigotti,
Rovereto maggio 1814.

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«Ora aggiungo (persuaso come siete della ragione e della verità della cosa) i più vivi e caldi conforti dell’amicizia, d’una amicizia che Iddio e la virtù forma e rassoda e continuamente protegge, e che all’uomo è della più squisita soavità [...]».

Dalla Lettera agli amici, don Luigi Sonn e Simone Tevini,
Rovereto ottobre 1815.

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«Leonardo mio, La tua lettera mi fu delle più dolci e care, da che veggo per essa che vive ancora in te quell’amicizia, che strinse fra di noi fino dal latte, si può dire, il sangue, e la uguaglianza di voleri e d’inclinazioni».

Dalla Lettera al cugino, Leonardo Rosmini,
Rovereto 7 maggio 1816.

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«[…] Io v’amo nel Signore, nel quale so di essere da voi riamato, e sempre spero ci ameremo. Questo amore distingue noi cattolici dagli altri uomini tutti, e questo amore ci fa godere una grandissima soavità e comunanza di affetti, anche in questa vita: e parlo così, perché anche l’amicizia è per noi carità».

Dalla Lettera ad Antonio Bassich a Cattaro,
Rovereto 6 gennaio 1824.

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L'amicizia con Gesù è indissolubile...
Papa Francesco



«Per quanto tu possa vivere e fare esperienze, non arriverai al fondo della giovinezza, non conoscerai la vera pienezza dell’essere giovane, se non incontri ogni giorno il grande Amico, se non vivi in amicizia con Gesù.
L’amicizia è un regalo della vita e un dono di Dio. L’amicizia non è una relazione fugace e passeggera, ma stabile, salda, fedele, che matura col passare del tempo. È un rapporto di affetto che ci fa sentire uniti, e nello stesso tempo è un amore generoso che ci porta a cercare il bene dell’amico. L’amicizia è così importante che Gesù stesso si presenta come amico: «Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamato amici» (Gv 15,15).  
L’amicizia con Gesù è indissolubile. Egli non ci abbandona mai, anche se a volte sembra stare in silenzio. Quando abbiamo bisogno di Lui, si lascia trovare da noi e sta al nostro fianco dovunque andiamo. Perché Egli non rompe mai un’alleanza».

Esortazione apostolica post-sinodale,
nn. 150-154,
25 marzo 2019.
Note:

1) ROSMINI A., Storia dell'Amore, Opere di Antonio Rosmini, 52, Valle Alfeo e Muratore Umberto (a cura di), Istituto di Studi Filosofici, Centro internazionale di Studi Rosminiani, Città Nuova Editrice, Roma 2002, pp. 134-135.
2) Ivi, p. 152.
4) Il racconto dell'adulterio di Betsabea e dell'uccisione di Uria l'Hittita si trova in 2 Samuele 11, 1-27; mentre in 2 Samuele 12, 1-24 , Dio invia il profeta Natan a Davide per aprirli gli occhi sul suo peccato; Davide si pente e chiede perdono a Dio, ed espia il suo peccato con la morte del figlio avuto da Betsabea.
5) Saul  tenta in più occasioni di uccidere Davide, perché teme di perdere il trono. Per due volte, Davide si trova in una situazione tale, in cui gli sarebbe stato facilissimo vendicarsi ed ucciderlo, ma non lo fece:  «Poi  [Davide] disse ai suoi uomini: "Mi guardi il Signore dal fare simile cosa al mio signore, al consacrato del Signore, dallo stendere la mano su di lui, perché è il consacrato del Signore"» (1 Samuele, 24, 7); «Abisài disse a Davide: "Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l'inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo". Ma Davide disse ad Abisài: "Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?"» (1 Samuele 26, 8-9).
6) ROSMINI A., Storia dell'Amore, Opere di Antonio Rosmini, 52, Valle Alfeo e Muratore Umberto (a cura di), Istituto di Studi Filosofici, Centro internazionale di Studi Rosminiani, Città Nuova Editrice, Roma 2002, pp. 152.
7) Ivi, p. 153-154.
8) 1 Samuele 23, 17.
9) ROSMINI A., Storia dell'Amore, Opere di Antonio Rosmini, 52, Valle Alfeo e Muratore Umberto (a cura di), Istituto di Studi Filosofici, Centro internazionale di Studi Rosminiani, Città Nuova Editrice, Roma 2002, pp. 153.
10) L'episodio è narrato in: 1 Samuele 31, 1-7.
11) Il rito di consacrazione a Dio del re avveniva tramite l'unzione con olio.
12) ROSMINI A., Storia dell'Amore, Opere di Antonio Rosmini, 52, Valle Alfeo e Muratore Umberto (a cura di), Istituto di Studi Filosofici, Centro internazionale di Studi Rosminiani, Città Nuova Editrice, Roma 2002, p. 156.
14) ROSMINI A., Storia dell'Amore, Città Armoniosa 1977, (trasposizione e aggiornamento linguistico di suor Maria Michela Riva, rosminiana), p. 279.
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