Rosmini: sacerdozio - Rovereto città di A. Rosmini

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Rosmini, la vita
Sacerdozio, laurea e studi

Nel 1816 si reca a Padova per compiere gli studi alla Facoltà di teologia. Tra le nuove amicizie c'è anche quella con lo scrittore Niccolò Tommaseo, che durerà tutta la vita. Sono anni che lo vedono coinvolto in molte ricerche scientifiche e progetti culturali; fa anche incetta di libri antichi che andranno ad arricchire la biblioteca di famiglia. Sogna di realizzare, in gruppo, un'Enciclopedia cristiana italiana, un testo che proponesse una degna risposta cattolica all'Enciclopedia francese di Diderot e D'Alembert.
Nel 1820 muore il padre, che gli lascia i quattro sesti di una cospicua eredità (valutata in seicentomila fiorini) da amministrare. Farà un uso saggio del denaro di famiglia, saprà farlo fruttare e lo userà in maniera intelligente per numerose opere di carità.
Viene ordinato sacerdote a Chioggia, il 21 aprile 1821, Sabato Santo 1).
Il Rosmini era consapevole dell'alta dignità del sacerdote, del ruolo che egli possiede per grazia di Dio. Aveva, dunque, cercato di prepararsi alla tappa più importante della sua vita nel migliore dei modi, con il più grande impegno e la più grande umiltà possibili. Il giorno dell'ordinazione possiamo immaginare i sentimenti che devono aver attraversato la sua anima, sentimenti di fede profonda, di trepida gioia, di accesa carità e di religioso timore nell'accedere a tale dignità.
  
Scrivendo al diacono Clemente Alvazzi, che si stava preparando per l'ordinazione sacerdotale, il Rosmini gli ricorda che di tale vocazione «appena un angelo ne sarebbe degno; anzi l’onor sacerdotale vince immensamente la dignità della natura angelica», per cui lo invita, dall’ora dell'ordinazione in avanti, ad «essere un uomo nuovo: abitare in cielo col cuore e colla mente: conversare sempre con Cristo: le cose umane deplorarle, fuggirle». Gli ricorda inoltre che quando sarà prete avrà «Iddio nelle mani»; diventerà «padrone di Dio». Per cui dal diacono Clemente si aspetta  che preceda tutti «a gran passi nelle virtù», che sia «sempre il primo nell’amore delle fatiche, delle umiliazioni, dei patimenti», che sia «un modello di perfetta ed accuratissima ubbidienza», e che in lui la «carità del prossimo sia una fiamma»2).
L'importante tappa del sacerdozio renderà cosciente il Rosmini della necessità di adottare un diverso modo di concepire l'attuazione di progetti di carità in favore del prossimo e per la gloria di Dio. In precedenza infatti, spinto dall'entusiasmo giovanile, aveva cercato di intraprendere varie iniziative che si erano arenate. Ora, alla luce della particolare grazia ricevuta con l'ordine sacro, comprende di essere stato forse un po' troppo precipitoso e di aver quasi osato precedere il volere di Dio. Prende dunque una decisione radicale, che chiama «principio di passività» e che diventerà il fondamento della futura scuola di spiritualità rosminiana.  Tale principio si basa su due regole di condotta: attendere in modo particolare alla purificazione della propria anima e all'unione con Dio, attraverso la preghiera e la meditazione, ritirandosi dalla vita attiva; intraprendere un'attività esterna solo quando Dio lo facesse chiaramente comprendere attraverso le circostanze.
Dunque per alcuni anni il giovane Antonio si ritira nel silenzio, nello studio e nella preghiera, pur non rifiutando gli incarichi di ministero sacerdotale. Lo vediamo ad esempio impegnato a Lizzana di Rovereto.
Nel 1822 si laurea in sacra teologia e diritto canonico con una tesi sulle Sibille.
Sul sacerdozio...
A don Pietro P., dopo aver saputo
della sua consacrazione a sacerdote:



«Gesù Cristo del cui sacerdozio partecipiamo ci stia sempre dipinto innanzi gli occhi per imitarlo. Egli ci ha amati cotanto che ha data la sua vita per redimerci dai nostri peccati, e così noi pure dobbiamo esporre l’anima nostra pei nostri fratelli. Carità dunque senza limite alcuno, e pazienza invitta nella Carità di Dio e del prossimo».

Lettera a don Pietro Paolo Giacom a Sacco di Rovereto
Albano 17 agosto 1849.
Si immerge tra l'altro in profondi studi politici.
In questi anni roveretani, vengono alla luce i primi scritti di Rosmini, non tutti pubblicati subito: Della educazione cristiana (1820); Storia dell'Amore (1820); Saggio sulla felicità (1822); Esame delle opinioni di Melchiorre Gioia in favore della moda (1824); Panegirico alla santa e gloriosa memoria di Pio VII (1823); Della divina provvidenza nel governo dei beni e dei mali temporali (1826); Sull'unità dell'educazione (1826).3)


Note:

1) Andò a Chioggia perché in quel momento la sede vescovile di Trento era vacante. Fu ordinato da mons. Giuseppe Manfrin Provedi, vescovo di Chioggia, lo stesso che l'anno precedente a Rovereto lo aveva ordinato diacono.
2) A. ROSMINI, Epistolario completo, Lettera 1648, Trento 4 aprile 1832, [al diacono Clemente Alvazzi a Domodossola].
3) PAGANI-ROSSI, La Vita di Antonio Rosmini, Arti Grafiche Manfrini (Rovereto) 1959, vol. I (II), pp. 143, 183, 202-203; MURATORE UMBERTO, Conoscere Rosmini - Vita e spiritualità, Edizioni Rosminiane Stresa 2002, pp. 11-13.
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