Rosmini: quarta massima - Rovereto città di A. Rosmini

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Rosmini, fede: quarta massima
Abbandonare totalmente sè stesso nella Provvidenza di Dio
dalle Massime di perfezione cristiana
«1. Non c’è forse altra massima che più di questa aiuti a ottenere la pace del cuore e la costanza di spirito propria della vita del cristiano.

2. Non ce n’è forse alcun’altra che, praticata con la semplicità e  la generosità di cuore che richiede, renda più caro al Padre Celeste il discepolo di Gesù Cristo.  Essa contiene infatti un’intera confidenza in Dio, in Dio solo; un intero distacco da tutte le cose della terra piacevoli, potenti e illustri in apparenza; un tenero amore tutto riservato solo a Dio; contiene la  fede più viva, che non ha alcun dubbio che tutte le cose del mondo,  piccole e grandi, stanno ugualmente nella mano del Padre celeste e  non fanno nulla di diverso da come egli dispone per il conseguimento  dei suoi altissimi fini; fede in un’infinita bontà, misericordia, liberalità e generosità del Padre celeste, che tutto dispone per il bene di coloro che gli danno fiducia, così che i suoi doni, le sue finezze, le sue  sollecitudini, le sue grazie siano in proporzione della confidenza che  hanno in lui i suoi amati figli.
3. Non c’è alcun’altra massima che il divino Maestro abbia raccomandato più di questa con le sue parole e il suo esempio» 1).
6. II – [Il cristiano] impara poi che, quanto è ragionevole abbandonarsi interamente nella bontà divina, altrettanto è stolto confidare in se stesso, perché l’uomo è debolissimo, e neppure in minima parte può alterare il corso che Dio ha stabilito a tutte le cose nell’universo; la sua prosperità, la sua esistenza sta tutta nelle mani di Dio, e da queste mani non può sottrarlo qualunque cosa egli faccia e in qualunque luogo vada, anche se potesse penetrare nei cieli o sprofondarsi negli abissi.

7. III – Impara ancora che, avendo ragioni così grandi per nutrire una confidenza illimitata nel Padre celeste, assolutamente non deve temere di abbandonare anche tutte le cose umane, di vendere i suoi beni e di darli ai poveri, di professare cioè la povertà effettiva. Ma deve farlo per dedicarsi unicamente alle cose di Dio, per dedicare tutto se stesso a Dio, per cercare il suo regno e la sua giustizia, per sgombrare dal proprio cuore tutti gli affetti terreni. Lo deve fare, insomma, per seguire Cristo e stringersi alla beata nudità della sua croce, su di essa morendo alla terra, e vivendo solo per il cielo, poiché dove sta il suo tesoro, lì sta anche il suo cuore.  [...]
E qui il Rosmini riporta le parole di Cristo:

«A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo
e dopo non possono far più nulla.
  
Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso,
ha il potere di gettare nella Geenna2).
Sì, ve lo dico, temete Costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi?
Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio.
Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.
Non temete, voi valete più di molti passeri.

Poi disse [...]: "Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita,
di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete.
La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito.
Guardate i corvi: non seminano e non mietono,
non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre.
Quanto più degli uccelli voi valete!
Massime di Perfezione Cristiana
di Antonio Rosmini



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Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?
Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa,
perché vi affannate del resto?
Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono:
eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria,
vestiva come uno di loro.
Se dunque Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è
e domani si getta nel forno,
quanto più voi, gente di poca fede?
Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete,
e non state con l'animo in ansia:
di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo;
ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno.
Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro
è piaciuto di darvi il suo regno.
Vendete ciò che avete e datelo in elemosina;
fatevi borse che non invecchiano,
un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano
e la tignola non consuma.
Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore3).

[...]
13. Al cristiano, dunque, è dato il segno certo per conoscere se manca alla prescritta piena confidenza nella provvidente cura del Padre suo che è nei cieli: esaminare se stesso se senta in cuore qualche preoccupazione circa i beni e i mali del mondo, se sia sempre pienamente tranquillo, pienamente riposato e disposto a tutto in ogni avvenimento, o se ceda all’angoscia e si prenda affanni umani e soffra agitazione per il loro successo o insuccesso, e se, come uomo di poca fede, eccessivamente speri e tema, cioè continuamente dubiti».


«Temere fa torto alla divina Provvidenza»
Il fratello di Antonio Rosmini, Giuseppe Maria, più giovane, era di tutt'altra pasta, con un temperamento scontroso, tendente a chiudersi in sè stesso, incline alla pigrizia, e attaccato al denaro. Pur avendo ereditato una cospicua cifra dal padre e non avendo figli da mantenere, era sempre preoccupato di non averne abbastanza. Il più delle volte - e questo vale anche oggi - sono proprio coloro che hanno molti mezzi economici ad essere sempre preoccupati per il futuro.
Dopo aver dato un'occhiata ai conti di casa, così lo consiglia Antonio, in una lettera in cui mette in evidenza non solo l'importanza di affidarsi alla divina Povvidenza, ma anche la gratitudine per aver avuto ciò che altri non hanno avuto:

«[...] Non temete dunque, giacché il temere, in chi ha una ragguardevole facoltà, ed una piccola famiglia da mantenere, è affatto irragionevole e fa torto alla divina Provvidenza, che ci dà di più di quello che dia a tanti e tanti, senz’alcun nostro merito, e non ci ha mai lasciato mancar niente per lo passato. Statevi certo che questi timori non fanno che pregiudicare alla stessa salute corporale, e dimostrano poca fiducia in Dio, ed un attacco e sollecitudine troppo grande ai beni temporali di questo mondo. Io vorrei che viveste in tranquillità e piena allegrezza su questo punto, ringraziando Iddio che ci dà quello che ci dà; e non angustiandoci pel futuro. Ci dovrebbe far maraviglia che Iddio sia così buono con noi; e non dovremmo far altro che ringraziarlo, massime dopo ch’egli stesso ci ha detto: «Non vogliate pensare al dì di domani». Sforziamoci dunque di ubbidirgli ciecamente [...]».4)
Note:

1) ROSMINI A., "Massime di Perfezione Cristiana - adatte ad ogni persona in qualsiasi condizione", trasposizione e aggiornamento linguistico di suor Maria Michela Riva, rosminiana, Edizioni Rosminiane Sodalitas, Stresa 2020, pp. 25-26.
2) Geenna: in ebraico significa "valle di Hinnon". Era un avvallamento a sud di Gerusalemme dove, a partire dal VII secolo a. C., si bruciavano i rifiuti della città. Il fuoco che ardeva in quella grande discarica all'aperto è diventato poi il simbolo del castigo degli empi, nel senso più definitivo e profondo del termine; nel Nuovo Testamento lo si usa come sinonimo d'inferno. "Geènna", in PROCH UMBERTO, Dizionario dei termini biblico-teologici, linguaggio religioso e linguaggio corrente, Elle Di Ci Editrice, Leumann (TO) 1994.
3) Luca 12, 4-7, 22-34.
4) ROSMINI ANTONIO, Epistolario completo, VIII, Lettera 4757, Stresa 30 marzo 1843, [a Giuseppe Maria de' Rosmini-Serbati a Rovereto]. Il grassetto è del redattore.
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