Rosmini: Parroco in S. Marco - Rovereto città di A. Rosmini

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Rosmini, la vita: parroco in S. Marco
La volontà di Dio, al bivio
l'incarico in S. Marco
Il 18 febbraio 1834, muore a Rovereto don Giovanni Battista Locatelli1), arciprete di S. Marco. Subito tra il popolo roveretano si accese il desiderio di avere Antonio Rosmini quale parroco. Si mosse il magistrato cittadino, sollecitato da cinquanta padri di famiglia e da trentadue sacerdoti, che scrissero al vescovo, mons. Luschin2).

«Perché cercarlo altrove — dicevano [gli interessati] — se qui lo abbiamo presente, desiderato, concittadino nostro, chiarissimo per molto sapere, splendente di molta virtù, benemerito per esimii fatti, stimato dagli estranei, venerato da noi, e per la sua modestia e per la sua carità specchio e lampada di esempio ai sacerdoti?»3).  
Rovereto, San Marco, facciata.
Come si vede, la popolazione semplice amava e stimava molto il Rosmini, che, nell'anno in cui fu parroco 4), trovò invece grossissimi e frequenti ostacoli, ricevendo ordini spesso contradditori da parte dell'istituzione civile, il governo austriaco, e di quella ecclesiastica, che di fatto dipendeva dalla prima. Di per sè, forse il vescovo Luschin, se avesse avuto le mani più libere, avrebbe favorito il Rosmini, ma essendo stato eletto dall'imperatore, a lui doveva obbedienza. Da tempo, il governo austriaco considerava il Rosmini  un soggetto dai princìpi pericolosi, soprattutto per i suoi schietti sentimenti di italianità. L'imperatore non approvò l'Istituto della Carità, la cui sede a Trento era stata aperta da poco, e non vedeva di buon occhio l'idea di costituire una sede anche a Rovereto. Si aggiunsero inoltre invidie e rivalità di singoli personaggi. 5)
Dal canto suo, il Rosmini, quando seppe che lo volevano parroco in S. Marco, ne rimase sgomento. Non fu una scelta facile per lui, per vari motivi. Anzitutto il fatto che fosse il fondatore di un Istituto nato di recente (1828), che richiedeva la sua costante presenza; inoltre lasciarlo avrebbe significato andare contro la volontà divina; gli studi, non intrapresi per piacere o per scopo letterario, ma su invito dei pontefici, a giovamento delle coscienze6); e una salute non troppo buona, che gli permetteva di procedere a mala pena con i presenti doveri.
Dall'altra, l'autorevole parola di mons. Luschin, l'insistenza dei concittadini, il consiglio del confessore e la speranza di poter giovare al paese natio, che gli mostrava tanto affetto, lo convinsero che la volontà di Dio fosse quella di accettare l'incarico.7)


Bibliografia e note:

1) Don Giovanni Battista Locatelli, che stimava molto il Rosmini, resse la parrocchia di S. Marco per vent'anni, dal 1814 al 1834.
2) Francesco Saverio Luschin fu principe-vescovo di Trento dal 17 ottobre 1824, giorno della "presa di possesso" della diocesi,  al luglio 1834, quando l'imperatore lo destinò alla diocesi di Leopoli, in Galizia. Dal luglio 1834, fino alla venuta, il 3 maggio 1835, del nuovo vescovo, mons. Giovanni Nepomuceno de Tschiderer, la diocesi fu retta dal vicario generale, mons. Giacomo Freinademetz. Dunque, nei mesi più importanti del suo ministero come parroco di S. Marco, Rosmini avrà a che fare con Freinademetz, che gli porrà molti ostacoli.
3) PAGANI-ROSSI, La Vita di Antonio Rosmini, Arti Grafiche Manfrini (Rovereto) 1959, vol. I (II), p. 650.
4) Un anno esatto, dal 5 ottobre 1834 al  5 ottobre 1835.
5) Scrive il PAGANI-ROSSI: «Alle prime il Luschin titubò per timore di urtare contro le leggi dello Stato coll'affidare la parrocchia a chi apparteneva a un Istituto approvato solo temporaneamente...» (op. cit., p. 652). L'Istituto avrà l'approvazione pontificia nel 1839. Vedi anche: MURATORE UMBERTO, Conoscere Rosmini - Vita e spiritualità, Edizioni Rosminiane Stresa 2002, p. 19.
Era stato lo stesso mons. Luschin a volere i Rosminiani a Trento. «Nel 1832 il vescovo, sull'esempio di quanto si faceva nei maggiori Seminari d'Italia, aggiunse agli studi teologici l'esercizio dell'eloquenza, affindandone l'insegnamento al Rosmini, che frattanto andava sviluppando il suo istituto. Nel giugno dello stesso anno, mons. Luschin e mons. Sardagna, in occasione della visita dell'imperatore a Bressanone, parlarono al sovrano in favore del Rosmini, che ebbe il permesso di continuare, in via provvisoria, e sotto la dipendenza del vescovo, lo sviluppo del suo istituto, in attesa dell'approvazione formale delle costituzioni. [...] ma il maggiore ostacolo derivava dal fatto che l'Istituto, retto da un medesimo capo, aveva una casa fuori del territorio della monarchia [Domodossola], ciò che sarebbe stato in contrasto con le leggi dello Stato». COSTA ARMANDO, I vescovi di Trento notizie-profili, Edizioni diocesane, Trento 1977, pp. 234-235.
6) In mente aveva le parole di Pio VIII - «È volontà di Dio che voi vi occupiate nello scrivere libri: tale è la vostra vocazione...» - confermate dal successore, Gregorio XVI.
7) PAGANI-ROSSI, La Vita di Antonio Rosmini, Arti Grafiche Manfrini (Rovereto) 1959, vol. I (II), p. 651.
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