Rosmini: l'Oratorio - Rovereto città di A. Rosmini

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Rosmini, la vita: parroco in S. Marco
L'Oratorio filippiano a Rovereto
Per risollevare le famiglie più disastrate
«La causa dei poveri sarà cura mia principale.
Non mi cale solo di loro temporali sciagure:
il mio ufficio riguarda soprattutto le morali...»1).

Sin dal primo giorno d'ingresso (5 ottobre 1834) come parroco di S. Marco, a Rovereto, Antonio Rosmini accenna alla miseria spirituale, morale e materiale presente nella parrocchia - che contava settemila anime - e afferma che il suo obiettivo principale sarà proprio quello di far fronte a tali miserie, per risollevare la drammatica situazione di molte famiglie.  Ma il sacerdote non è, diremmo oggi, un assistente sociale. La sua prima preoccupazione - allora come oggi - è quella di occuparsi delle miserie morali e spirituali dei parrocchiani, primo perché c'è anzitutto di mezzo la salvezza eterna dell'anima, che è l'aspetto più importante, e poi perché solo facendo maturare la persona a livello naturale (razionale) si costruiscono famiglie sane, e dunque migliori società. Laddove la miseria materiale è molta, è però necessario far fronte anche ad essa, affinché le persone siano messe nella condizione di poter migliorare moralmente. Ed è in tale modo che il Rosmini procede.
Dal punto di vista materiale, Rosmini avvia una rete di solidarietà che vede coinvolti diversi soggetti, tra cui le persone più ricche, da lui interpellate, le istituzioni, in primis la Congregazione di Carità, oltre a mettere mano personalmente al portafoglio. Alla Congregazione di Carità, che presiede, propone di realizzare lo Specchio della povertà roveretana, un registro dove segnare i bisogni di tutte le famiglie povere per agire con equità e giustizia.

Ma è soprattutto come sacerdote - dicevamo - che il suo cuore di pastore, unito al cuore sacerdotale di Cristo, lo spinge a porre rimedio ai mali morali e spirituali delle sue "pecorelle": mancando di istruzione religiosa, molte persone si sono allontanate dai sacramenti, dalla preghiera, da una seria vita di pietà cristiana, dandosi al malcostume. Ad essere colpito soprattutto il numeroso ceto artigiano. I padri di famiglia sciupano il denaro guadagnato nelle osterie e nei giochi, rientrano a casa ubriachi e picchiano moglie e figli. Le famiglie sono piene di debiti e tormentate dalla fame, lacerate da intestine discordie. I bambini e i ragazzi abbandonati a sè stessi.2) Scrive il Rosmini, nel marzo del 1835, al vicario generale: «... questa è una parrocchia delle più indigenti [...], abbandonata, si può dire, da trent’anni, e dove non c’è altro di bene che il decoro del culto divino ben conservato, calunniato anche questo dagli avversari»3).
Si adopera dunque per ripristinare nel suo pieno vigore le scuole della Dottrina cristiana, sia per gli adulti sia per i ragazzi. All'epoca le catechesi venivano svolte la domenica e duravano quasi tutto l'anno, con una pausa tra la prima domenica di settembre e gli inizi di novembre, tempo lasciato libero per la vendemmia.
Il lavoro è molto, i fanciulli da seguire nella parrocchia sono mille, di cui seicento i maschi. Il Rosmini chiede la collaborazione delle due grosse confraternite presenti nel territorio delle parrocchia  - la Confraternita di Santa Maria del Suffragio e la Confraternita del Santissimo Sacramento - dei genitori, dei maestri delle scuole pubbliche, di donne pie, e del magistrato per quanto riguarda l'ordine pubblico e la garanzia di tranquillità durante le catechesi.4)

Da parroco, Antonio Rosmini riprende il regolamento delle Dottrine cristiane, che aveva redatto, nel 18225), lo rivede e lo rinnova, lo intitola Regole della Dottrina cristiana dei fanciulli e delle fanciulle della Parrocchia di S. Marco di Rovereto, e le dedica ai padri, alle madri, ai tutori, ai maestri di scuola, ai padrini, a tutti coloro che sono coinvolti nell'educazione cristiana dei ragazzi. Un documento importante che avrà un risvolto negativo, ennesimo episodio di una lunga serie di incomprensioni e persecuzioni che il Rosmini ebbe a patire lungo il corso della sua vita. Le Regole della Dottrina cristiana  furono infatti proposte per la stampa alla Curia di Trento, che ne chiese a sua volta il parere al governo austriaco. La risposta fu negativa: pur giudicandole con «voto favorevole» mise in evidenza diverse «eccezioni» - senza però specificare quali e le motivazioni - che non ne permisero la stampa.6)
Le catechesi agli adulti iniziarono il 9 novembe 1834, ma fin da subito il Rosmini si rende conto che una sola istruzione settimanale non poteva essere sufficiente per permettere la rinascita morale e spirituale del ceto artigiano così fortemente provato. Decise dunque di istituire nella parrocchia l'Oratorio filippiano 7), che a Trento stava dando grande frutto.  
L'Oratorio si rivolgeva alle due categorie, giudicate dal Rosmini «le più bisognevoli»8): la prima, gli artigiani più adulti, la seconda, i ragazzini e i bambini.
Per quanto riguardava la classe degli adulti, l'Oratorio sarebbe stato aperto ogni sera, all'imbrunire, al suono dell'Ave Maria, in modo da permettere agli artigiani di recarvisi, una volta terminato il lavoro. Era questo il momento in cui essi si rintanavano nelle osterie a bere, ciò che avrebbero evitato recandosi all'oratorio. Gli incontri duravano circa un'ora, durante la quale si proponeva una lettura spirituale, ad esempio la vita dei Santi, la preghiera del rosario, mezz'ora di meditazione o istruzione, per chiudersi con le litanie o qualche altra preghiera.

Mentre per quanto riguardava i ragazzini e i bambini, l'Oratorio li avrebbe occolti nelle domeniche e nelle feste, sia la mattina che il pomeriggio, al di fuori degli orari delle funzioni parrocchiali. La mattina durava un'ora, durante la quale, dopo una breve lettura di carattere spirituale, i giovinetti avrebbero partecipato alla messa; il tutto si chiudeva con un breve insegnamento in base ai loro bisogni e con la recita delle litanie. Nel dopopranzo era prevista la dottrina cristiana pubblica, a cui tutti dovevano partecipare; rimanevano poi fino a sera, intrattenuti da istruzioni, racconti sacri, canzoni spirituali e infine qualche idoneo e innocente divertimento.9)
Antonio Rosmini chiede alla Curia di Trento - in quel momento rappresentata dal vicario generale, poiché la sede vescovile era vacante - il permesso di aprire l'Oratorio. Lo ottiene solo in via provvisoria, in attesa dell'arrivo del nuovo vescovo, con la raccomandazione di usare moderazioe e prudenza. Per il Rosmini erano condizioni più che sufficienti; egli stesso del resto si rendeva conto della necessità di usare moderazione e prudenza.10)

Gli incontri oratoriani si tenevano nel piano terra dell'ex chiesetta di S. Giuseppe, a fianco della chiesa di S. Marco. La chiesa in questione - oggi unità abitative - era appartenuta alla Confraternita della Carità.11)
Quando Antonio Rosmini ricevette l'incarico della parrocchia, la canonica si trovava in via della Terra, e non era sufficiente per ospitare il parroco e i quattro sacerdoti coadiutori da lui richiesti. A sue spese, il Rosmini fece trasferire la canonica nell'ex chiesetta di S. Giuseppe, riservandosi il piano superiore. Quello inferiore divenne oratorio, luogo sufficientemente ampio per ospitare le centinaia di ragazzini che frequentavano le catechesi. Essendo già stato in passato luogo di culto, si adattava bene per decoro all'attività di catechesi, inoltre godeva di un ingresso autonomo, quello antico e maestoso della chiesa. Mentre i sacerdoti raggiungevano la canonica, al piano superiore, da un ingresso separato. Il Rosmini fece costruire anche il passaggio aereo - presente tuttora - per collegare la canonica alla chiesa di S. Marco.12)
L'Oratorio dunque aprì il 7 dicembre (vigilia dell'Immacolata Concezione) e appena venti giorni dopo il Rosmini comunicò al vicario generale i primi miglioramenti conseguiti: «Posso dire, che i frutti che Iddio si degna di accordare a questo oratorio, sono oggi mai grandi e trapassano ogni mia aspettazione. Lo vedo dal confessionale, e tutti i confessori credo che se n’accorgano al pari di me»13).
Vediamo come il Rosmini non attribuisce a sè stesso il successo dell'iniziativa, ma a Dio.  In secondo luogo afferma di essersene accorto dal numero di persone che ritornano a confessarsi: come sacerdote sa che il Sacramento della Confessione [oggi si preferisce chiamarlo Sacramento della Riconciliazione]  è uno strumento efficacissimo per "ricostruire", attraverso la grazia divina, l'anima ferita, se non addirittura uccisa, dal peccato, e per rinforzare la persona nella lotta contro il male morale. La cura delle anime è il primo compito del sacerdote, come egli stesso aveva sottolineato nel discorso d'ingresso come parroco in S. Marco.
L'Oratorio ebbe fin da subito grande apprezzamento, gli artigiani si assiepavano fuori della porta ancora chiusa, in attesa dell'apertura. Si sentivano accolti, amati, istruiti: man mano che procedevano lasciavano la vita dissipata, diventavano più temperanti, più modesti, più dignitosi. Cessavano le bestemmie. Il denaro guadagnato non era più sperperato nelle osterie o nei giochi, ma utilizzato per la famiglia. Moglie e figli vedevano il marito e padre entrare a casa di buon'ora, più docile e amorevole, e capitava che essi chiedessero perdono a moglie e figli per il male fatto in passato. La sera la famiglia si riuniva per pregare insieme. Anche i datori di lavoro avevano notato miglioramenti nel comportamento dei loro dipendenti, divenuti più assidui nel loro dovere. Per i sacerdoti era cresciuto il lavoro nel confessionale che si protraeva fino a notte tarda.14)
Tra le varie testimonianze riportiamo quella di don Agostino Della Piazza, che era stato qualche tempo collaboratore del Rosmini e aveva abitato con lui in canonica: «Le istruzioni serali nel suo Oratorio frequentate dagli artisti [=artieri/operai], dai bottegai, dagli agronomi annunziavano ai possidenti roveretani che i subalterni erano divenuti più fedeli, più laboriosi più timorati di Dio, ed ai paesi annunziavano che il santo loro arciprete santificava il fedele che abbracciava la sua cura, e pendeva dagli accenti del suo labbro facile a penetrare, a scuotere, e distaccato dalla corruzione del secolo condurlo a Dio».15)

E ancora: «Dio è rientrato nella famiglia, e con lui tutti i suoi beni. L’amore e la felicità si sono assisi allo stesso focolare, dove prima regnavano l’odio e la collera; la sottomissione e la tenerezza filiale hanno preso il luogo della ribellione e della ingratitudine, e negli occhi delle povere madri ha brillato una gioia fino allora sconosciuta».16)

Tanto successo, se allietava molti, infastidiva, come spesso accade, altri, in primis, il governo austriaco, poi qualcuno della Curia di Trento, ed altri a Rovereto. Il Rosmini fu obbligato a chiudere l'Oratorio il 15 aprile 1835, di lì a poco si vedrà costretto a rinunciare anche all'incarico di parroco. Accolse tutto con serenità, vedendo in ogni cosa la volontà di Dio.



Note:

1) ROSMINI ANTONIO, Discorso in occasione del prender possesso della Parrocchia di S. Marco di Rovereto 1834, [Tip. Pogliani Milano 1843], Longo Editore, Rovereto 1997. Presentazione di Virginia Crespi Tranquillini. Ristampato in occasione del bicentenario dalla nascita di Antonio Rosmini (24 marzo 1797), p. 30.
2) PAGANI-ROSSI, La Vita di Antonio Rosmini, Arti Grafiche Manfrini (Rovereto) 1959, vol. I (II), pp. 657-658.
3) A. ROSMINI, Epistolario completo, V, Lettera 2472, Rovereto 23 marzo 1835, [a mons. Giacomo Freinadimetz, vicario generale, a Trento].
4) PAGANI-ROSSI, op. cit., pp. 658-659.
5) Su richiesta dell'arciprete di S. Marco, mons. Giovanni Battista Locatelli, nel 1822, il Rosmini, sacerdote novello,  aveva riordinato le Dottrine cristiane scrivendo un nuovo regolamento, in collaborazione con tre dei più validi sacerdoti: don Giuseppe Ranzi, direttore delle scuole elementari maggiori, don Giovanni Battisti e Giambattista Ferrari. Vedi VALLE ALFEO, Rosmini e Rovereto 1834-1835, Longo Editore, Rovereto, 1985, p. 39.
6) Il Rosmini riuscirà a pubblicare le Regole della Dottrina cristiana solo nel 1837 a Milano. VALLE ALFEO, op. cit., p. 39-40.
7) Fondato da San Filippo Neri (Firenze 1515 - Roma 1595) a Roma, come risultato di una spontanea opera di apostolato rivolta ai laici. Nel 1575, nasce ufficialmente nella chiesa di S. Maria in Vallicella (Roma) la Congregazione dell'Oratorio, comunità di sacerdoti secolari che nell'Oratorio avevano il loro centro di vita spirituale e il loro campo di apostolato.
«Non è mestieri ricordare a Vostra Signoria Reverendissima, i vantaggi grandissimi di che ridondano queste pie istituzioni filippiane adottate con approvazione universale in quasi tutte le primarie città con sì felice successo; vedendosi per esse meravigliosamente promosso il buon costume della gioventù e la educazione del popolo cristiano», scrive il Rosmini al vicario generale Giacomo Freinadimetz, il 15 dicembre 1834.
8) ROSMINI ANTONIO, Epistolario completo, V, Lettera 2394, Dalla canonica di S. Marco 15 dicembre 1834, [a mons. Giacomo Freinadimetz, vicario generale, a Trento].
9) Ibidem.
10) ROSMINI ANTONIO, Epistolario completo, V, Lettera 2404, Rovereto 27 dicembre 1834, [a mons. Giacomo Freinadimetz, vicario generale, a Trento]. Vedi anche: VALLE ALFEO, op. cit., p. 48.
11) La chiesa di S. Giuseppe era stata fondata verso la metà del XVII secolo dalla Confraternita della Carità, che la tenne fino al 1783, quando l'imperatore Giuseppe II fece chiudere tutte le confraternite e sopprimere molte chiese, tra cui quella di S. Giuseppe, che fu trasformata in casa.
12) ROSMINI A., Epistolario completo, V, Lettera 2492, Dalla canonica di S. Marco 8 aprile 1835, [a mons. Giacomo Freinadimetz, vicario generale, a Trento].
13) ROSMINI A., Epistolario completo, V, Lettera 2404, Rovereto 27 dicembre 1834, [a mons. Giacomo Freinadimetz, vicario generale, a Trento].
14) ROSMINI A., Epistolario completo, V, Lettera 2492, Dalla canonica di S. Marco 8 aprile 1835, [a mons. Giacomo Freinadimetz, vicario generale, a Trento]. Vedi anche: PAGANI-ROSSI, op. cit., p. 661.
15) MENESTRINA EDUINO, ROSMINI l'uomo e il santo - Testimonianze di Trentini, 2° (3), Fede & Cultura, Verona 2010, p. 71.
16) PAGANI-ROSSI, op. cit., p. 663.
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