Lapide in piazza S. Marco - Rovereto città di A. Rosmini

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Rovereto: cosa visitare su Rosmini
Il Panegirico "dei guai" su Pio VII
Una lapide in piazza S. Marco ricorda l'evento
Per la morte di papa Pio VII 1), avvenuta il 20 agosto 1823, anche a Rovereto, nella chiesa di S. Marco, si celebrano, il successivo 25 settembre, solenni esequie. Il Rosmini, giovane sacerdote, viene invitato a tesserne l'elogio funebre, durante l'omelia della messa d'esequie celebrata dal clero roveretano per il Papa. Un invito che accoglie volentieri per il bel ricordo del Pontefice defunto, che aveva avuto modo di incontrare non molto tempo prima della sua morte, durante il suo primo viaggio a Roma, nell'aprile del 1823 2). Durante il soggiorno romano, il Rosmini conobbe diversi cardinali, tra cui il Segretario di Stato, Ercole Consalvi. Quest'ultimo, fedele a Pio VII, giocò un ruolo importante nella difesa della Chiesa minacciata dalla Francia, durante il delicato e drammatico periodo che contrappose Pio VII a Napoleone. A lui Pio VII deve parte della sua grandezza.  Il Rosmini fece la conoscenza anche del cardinale Mauro Cappellari, futuro Gregorio XVI. Fu questi ad introdurlo a Pio VII 3).
L'anziano e mite Pontefice accolse affabilmente il giovane prete roveretano, «ragionando con lui di Napoleone, non come del suo carceriere, ma con quella pace che è propria dei generosi anche offesi 4), con quell’equità che è dovuta massime ai vinti, con la riverenza affettuosa che la virtù vera sente verso le grandi facoltà largite da Dio anche a chi non sempre ne faccia buon uso; e forse con un senso di gratitudine, mista a pietà, verso il potente caduto, che gli aveva fatto sperimentare un nuovo genere di più quieta e più cristiana potenza» 5).

Quando Pio VII venne a sapere che il Rosmini si dedicava agli studi filosofici, lo esortò a perseverare ritenendo che fossero molto utili in quei tempi di sbandamento della ragione6).
Tuttavia, nell'elogio del defunto papa,  il Rosmini trascende la figura di Pio VII, che diventa il simbolo dei Romani Pontefici, la cui grandezza morale è in grado di fronteggiare la forza bruta dei dominatori del mondo. Logica incomprensibile per quest'ultimi che contano solo su sé stessi e non sul provvido intervento di Dio. Il testo, che sarà successivamente ampliato dall'autore 7), si eleva ad un giudizio filosofico che coinvolge la storia della Chiesa e dell'Impero. Nello scritto, in cui si possono scorgere notevoli spunti dell'opera politica a cui il Rosmini stava lavorando in quegli anni, l'autore pone la tesi della supremazia della religione cattolica nel progresso storico. Per Rosmini, i vicari di Gesù Cristo in terra (ovvero i Pontefici) hanno sempre ammonito i principi (governanti) del fatto che sopra di essi sta una legge scritta da Dio, su cui devono fondare la giustizia 8). Al tempo stesso cerca di illuminare le menti ottenebrate dalle false dottrine politiche allora diffuse 9).
Il Panegirico termina con un'invocazione all'Italia, che è la parte più nota del testo:

«In quanto a me, per quell’incredibile affetto che a te porto, o Italia,
o gran genitrice, innalzerò incessantemente questi devoti prieghi all’Eterno: Onnipotente che prediligi l’Italia, che concedi a lei immortali figlioli,
che dall’Eterna Roma per i tuoi Vicari governi gli spiriti,
deh! dona altresì ad essa, benignissimo, il conoscimento
dei suoi alti destini, unica cosa che ignora:
[maestra di virtù alla terra, specchio di religione],
rendila avida di liberi voti e d’amore, di cui è degna,
più che di tributi e di spavento: fa’ che in se stessa ella trovi felicità
e riposo, e in tutto il mondo un nome non feroce, ma mansueto».10)
Il Panegirico ebbe una storia travagliata, soprattutto a livello di censura austriaca. Il forte sentimento di italianità del Rosmini, come emerge dalla parte conclusiva, lo aveva reso inviso all'Austria che iniziò a controllarlo nei suoi movimenti. Dopo averci lavorato sopra per circa un anno, l'autore avrebbe voluto pubblicare il manoscritto nel luglio del 1824. Ma gli fu impossibile. L'approvazione giunse da Innsbruck il 9 febbraio 1826, con ben ventisette brani cancellati o mutilati. Tra questi, non graditi erano quei passi, dove si invocava la libertà di magistero e di ministero del Papa sui principi, «che di religione fanno una serva di politica» 11). Non si voleva né Chiesa libera né Italia libera, per cui ovviamente fu cancellata anche la parte finale.12)

Per quanto concerne Napoleone, si cancellarono quelle parti che avrebbero potuto far sorgere noie diplomatiche con la Francia. Però quei versi che, pur criticando l'atteggiamento dell'imperatore, potevano giocare un ruolo di favore per l'Austria (come la descrizione del rapimento di Pio VII) vennero lasciate. Il Panegirico fu pubblicato, ad insaputa di Rosmini, nel 1831, a Modena, su iniziativa di don Giuseppe Baraldi, che lo inserì nelle Memorie di religione con il titolo di Panegirico alla santa e gloriosa memoria di Pio VII. Uscì anonimo e con alcuni cambiamenti non sostanziali nelle prime dieci pagine e con qualche modifica di forma.13)
L'evento della lettura pubblica del Panegirico in S. Marco viene ricordato in una lapide, collocata nell'omonima piazza sulla casa di sinistra guardando la facciata della chiesa. Vi si legge:

«DA QUESTO NOSTRO TEMPIO DI S. MARCO
IL 25 SETTEMBRE 1823
ANTONIO ROSMINI
PIO PAPA VII COMMEMORANDO
TRA PRIMI SULL'ITALIA SERVA E DIVISA
LA BENEDIZIONE DI DIO INVOCAVA
ONDE I NEPOTI
COMPIUTO IL VATICINIO
NUOVE FORTUNE ALLA PATRIA AUSPICANDO
QUESTO MARMO POSERO
MCMXXXV».

La lapide risale al 1935, e fu voluta in un contesto ideologico ben preciso, quando si ritenne necessario ricordare tale fatto per promuovere l'italianità e l'amor patrio in una terra, che era passata da meno di vent'anni all'Italia e che portava ancora le grosse ferite di una guerra spietata.
Note:

1) Il cardinale Barnaba Gregorio Chiaramonti (nato a Cesena nel 1742) viene eletto pontefice il 14 marzo 1800, nel conclave tenutosi a Venezia, nell'isola di S. Giorgio. Assume il nome di Pio VII in segno di fedeltà al suo predecessore (Pio VI).
2) Nell'elogio funebre (panegirico) viene ricordato l'incontro. ROSMINI A., Panegirico alla Santa e gloriosa memoria di Pio Settimo Pontefice Massimo, Eredi Soliani Tipografi Reali, Modena 1831, p. 14.
3) PAGANI-ROSSI, La Vita di Antonio Rosmini, Arti Grafiche Manfrini (Rovereto) 1959, vol. I (II), pp. 221, 224, 234.
4) Pio VII fu tenuto in prigionia per quasi cinque anni e fu umiliato in molti modi da Napoleone. Ma il dolore maggiore per il Pontefice non erano le umiliazioni verso la sua persona, quanto piuttosto quelle inflitte alla Chiesa di Cristo. Nonostante ciò, alla morte di Napoleone, il Papa soccorse e protesse la famiglia dell'imperatore. E quando Napoleone chiese i sacramenti, nell'isola dove era esiliato, il Papa mandò a lui dei sacerdoti affinché potesse riconciliarsi con Dio e salvarsi l'anima. Panegirico, op. cit., p. 97.
5) PAGANI-ROSSI, op. cit., p. 224. Così riporta Niccolò Tommaseo in A. Rosmini, n. IX. Il Tommaseo afferma che ciò gli fu raccontato dallo stesso Rosmini.
6) PAGANI-ROSSI, op. cit., pp. 224-225.
7) Il manoscritto è composto da 110 facciate, suddivise in 42 paragrafi.
8) Vedi Panegirico, op. cit., pp. 106 e sgg.
9) PAGANI-ROSSI, op. cit, pp. 234, 235, 238, 239. Scrive il Rosmini all'abate Bellenghi, nel giugno del 1824, in merito al Panegirico che spera di stampare: «A me importò di trattare insieme colle lodi di Pio VII la causa dei Papi, e questa a molti animi piagati duole, perché troppo giusta; ma io altro non vorrei se non che il loro dolore fosse a salute». ROSMINI A., Epistolario Completo, Lettera 324, Rovereto 16 giugno 1824, [Al Sig. Abate Bellenghi a Roma].
10) Il versetto messo in parentesi quadre non è presente nell'edizione stampata del 1831, ma è invece riportato dal PAGANI-ROSSI, op. cit, p. 238. Inoltre questa parte finale, nel manoscritto, porta alcune differenze rispetto al testo stampato: «governi il mondo» invece di «governi gli spiriti»; «il conoscimento di sè» anziché «il conoscimento dei suoi alti destini»; «un nome non feroce, ma pio» al posto di «un nome non feroce, ma mansueto». Ibidem.
11) Panegirico, op. cit., p. 48.
12) PAGANI-ROSSI, op. cit., pp. 241-243, 245.
13) Ivi, pp. 244, 245, 246.
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