Rosmini imprenditore - Rovereto città di A. Rosmini

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Rosmini, storia: episodi roveretani
ROSMINI "imprenditore"
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Il Rosmini, persona aperta al progresso, si era interessato a nuovi metodi di coltivazione per le terre che possedeva a Sant'Ilario di Rovereto, grazie ai quali i terreni avevano fruttificato due terzi in più rispetto a quando venivano amministrati da suo padre. Pagava bene i propri contadini e si era inoltre preoccupato della loro istruzione.

Nonostante questo, una parte dei coltivatori, non soddisfatti, aveva chiesto il permesso al Rosmini di dedicarsi al carreggio [trasporto], più per soddisfare i propri vizi che non per reale necessità. Il Rosmini, mosso da quel  senso di giustizia che sa vedere il bene altrui e prendere con fermezza delle decisioni anche controcorrente, scrive chiaro ai “suoi” contadini, incapaci, a suo dire, di intendere il loro vero bene.
Pagati meglio di altri coloni in Italia, chiedono di carreggiare per arrotondare il loro salario, affermando di non avere mezzi a sufficienza. Ma se questi mezzi mancano, il vero motivo, aggiunge il Rosmini, è dovuto  «al vizio della gola, al lusso, alla poca economia, e ai cattivi costumi».
Il Rosmini li invita ad essere morigerati, ad assumersi la responsabilità dell'educazione dei figli, affinché crescano meglio di loro, più istruiti e più virtuosi, a frequentare la chiesa  e non le osterie. Convinto di fare il loro bene, non concede dunque il permesso di carreggiare in modo che si impegnino nel lavoro agricolo. Se qualcuno insiste nel voler carreggiare, è libero di farlo, aggiunge il Rosmini, può pure andasene, «io lo licenzio».
Da una lettera a don Antonio Gasperini sappiamo che nessuno dei contadini ha lasciato il posto.
Riportiamo la lettera integrale, dividendola in paragrafi per facilitare la lettura, di Antonio Rosmini ai "suoi" contadini di S. Ilario, ritenendola interessante sotto vari aspetti. Dallo scritto, attualissimo, emergono tra l'altro la determinazione e la retta volontà del personaggio:   

«AI MIEI CONTADINI DI S. ILARIO DI ROVERETO»

«La domanda che mi avete fatto pervenire di poter fare qualche carreggio, mi è dispiaciuta, perché mi fa conoscere che voi altri non intendete il vostro vero bene. Quando io vi ho fatto intimare giudizialmente il divieto di carreggiare, non l’ho fatto a capriccio; e non l’ho fatto per solo mio interesse, ma anche per interesse vostro e delle vostre famiglie.

Il carreggiare non è compatibile colla professione di buon contadino, e chi vuol fare il carradore, non sarà mai un contadino di credito. Dovete sapere, che S. Ilario quarant’anni fa era un paese di buona gente, e da quel tempo in poi si è guastato; onde al presente regnano fra di voi i vizj e l’ignoranza, con discredito anche della mia famiglia che vi tollera: onde è avvenuto questo cangiamento? In gran parte dell’abuso del carreggiare; giacché i contadini che stanno sulle strade di notte e di giorno diventano poltroni, non amano più le fatiche dell’agricoltura, non hanno cura dell’ingrasso dei campi che si perde per le vie, acquistano i vizj e si espongono a disgrazie.
Dovrebbe starvi presente l’esempio di quel R. che di notte fu schiacciato dal carro in sulla strada, in istato d’ubbriachezza, come si disse, e quindi con gran pericolo che l’anima sua sia andata all’inferno. Non vale il dire, che vi contentate di far qualche carreggio e non molti; perché io non posso mica sorvegliare se passaste il limite della permissione; e poi questo carreggio che dimandate non è necessario.

Voi dite che vi mancano i mezzi di provvedervi di sale, olio, butirro ecc. Ma se questi mezzi vi mancano, dovete ascriverne la cagione al vizio della gola, al lusso, alla poca economia, e ai cattivi costumi. Tocca a voi altri ad emendarvi, a rendervi morigerati e religiosi, e a educare i vostri figliuoli in modo che riescano più istruiti e più virtuosi di quello che siete voi. Se farete così, e frequenterete le chiese invece delle osterie, e riceverete i santissimi Sacramenti in istato di grazia, il Signore del cielo e della terra benedirà le vostre fatiche, e non vi mancherà nulla.

In molti luoghi i contadini sono industriosi e mettono a profitto tanto tempo che nell’inverno avanza dai lavori della campagna, lavorando in qualche mestiere lucroso; ne conosco di quelli che fanno utensili o anche intagli di legno, cestelle, ombrelle, ed altri lavori che poi vendono con guadagno: le donne filano e tessono tela. Queste industrie potreste impararle anche voi. D’altra parte, voi siete i contadini meglio trattati: i coloni qui in Italia non istanno certamente bene come state voi, e pur vivono e non si lamentano come vi lamentate voi.

I vostri campi sono fiorenti: io non bado a spendere per migliorarli di continuo, e sotto di me dànno un reddito due terzi maggiore di quello che davano sotto mio padre. Eppure non vi ho aggravati, e io vi tratto quasi ugualmente come vi trattavano i miei antenati. Vi ho dato un amministratore che vi fa da padre, e che è troppo buono; né voi ve lo meritate. Adesso ho stabilito anche un sacerdote, che istruisca voi e i vostri figliuoli, acciocché cominciate ad abbandonare la strada dell’iniquità, e a camminare in quella della giustizia e del timor di Dio. Approfittatevi dunque di questo nuovo beneficio che vi fa il vostro padrone, e siategli riconoscenti. Quando mi lamento della vostra mala condotta, non intendo già parlar di tutti, so distinguere i buoni dai cattivi; e mi terrò informato anche in avvenire di tutti i vostri diporti.
Per conclusione vi dico, che niuno di voi è obbligato a stare al mio servizio; e però quelli che vogliono carreggiare se ne vadano fin da questo momento, che io li licenzio. Ma tutti quelli che vogliono stare sotto di me, non parlino più di far carreggi; e se io saprò che qualcheduno trasgredirà questo divieto, lo licenzierò sull’istante, senza ammettere alcuna scusa. L’avviso dunque vi serva: io non voglio contrasti né lamenti; io voglio che i miei contadini stiano bene, ma che mi ubbidiscano in tutto quello che comando a loro proprio vantaggio.
 
A. ROSMINI p.  
Stresa, 13 Dicembre 1844.»1)

Dalle parole di papa Francesco agli imprenditori...

Come non vedere in questo contesto un “Rosmini imprenditore”?

Le parole che papa Francesco ha rivolto, nel settembre 2022, ai partecipanti all'assemblea pubblica di Confindustria fanno vedere come il Rosmini possa esser un esempio anche ai giorni nostri:

«Cari imprenditori e imprenditrici, buongiorno e benvenuti!
[...]
Questo tempo non è un tempo facile, per voi e per tutti. Anche il mondo dell’impresa sta soffrendo molto. La pandemia ha messo a dura prova tante attività produttive, tutto il sistema economico è stato ferito. E ora si è aggiunta la guerra in Ucraina con la crisi energetica che ne sta derivando. In queste crisi soffre anche il buon imprenditore, che ha la responsabilità della sua azienda, dei posti di lavoro, che sente su di sé le incertezze e i rischi. Nel mercato ci sono imprenditori “mercenari” e imprenditori simili al buon pastore (cfr Gv 10, 11-18), che soffrono le stesse sofferenze dei loro lavoratori, che non fuggono davanti ai molti lupi che girano attorno. La gente sa riconoscere i buoni imprenditori. Lo abbiamo visto anche recentemente, alla morte di Alberto Balocco: tutta la comunità aziendale e civile era addolorata e ha manifestato stima e riconoscenza. […]
La Chiesa, fin dagli inizi, ha accolto nel suo seno anche mercanti, precursori dei moderni imprenditori. […]. Ma la vita degli imprenditori nella Chiesa non è stata sempre facile. Le parole dure che Gesù usa nei confronti dei ricchi e delle ricchezze, quelle sul cammello e la cruna dell’ago (cfr Mt 19, 23-24), sono state a volte estese troppo velocemente ad ogni imprenditore e ad ogni mercante, assimilati a quei venditori che Gesù scacciò dal tempio (cfr Mt 21, 12-13). In realtà, si può essere mercante, imprenditore, ed essere seguace di Cristo, abitante del suo Regno. La domanda allora diventa: quali sono le condizioni perché un imprenditore possa entrare nel Regno dei cieli? E mi permetto di indicarne alcune. […]
La prima è la condivisione. La ricchezza, da una parte, aiuta molto nella vita; ma è anche vero che spesso la complica: non solo perché può diventare un idolo e un padrone spietato che si prende giorno dopo giorno tutta la vita. La complica anche perché la ricchezza chiama a responsabilità: una volta che possiedo dei beni, su di me grava la responsabilità di farli fruttare, di non disperderli, di usarli per il bene comune. [...]
Come vivere oggi questo spirito evangelico di condivisione? Le forme sono diverse, e ogni imprenditore può trovare la propria, secondo la sua personalità e la sua creatività. Una forma di condivisione è la filantropia, cioè donare alla comunità, in vari modi.  […] Un’altra via di condivisione è la creazione di lavoro, lavoro per tutti, in particolare per i giovani. I giovani hanno bisogno della vostra fiducia, e voi avete bisogno dei giovani, perché le imprese senza giovani perdono innovazione, energia, entusiasmo. Da sempre il lavoro è una forma di comunione di ricchezza: assumendo persone voi state già distribuendo i vostri beni, state già creando ricchezza condivisa. Ogni nuovo posto di lavoro creato è una fetta di ricchezza condivisa in modo dinamico. Sta anche qui la centralità del lavoro nell’economia e la sua grande dignità. […]
Tuttavia, il problema del lavoro non può risolversi se resta ancorato nei confini del solo mercato del lavoro: è il modello di ordine sociale da mettere in discussione. Quale modello di ordine sociale? E qui si tocca la questione della denatalità. La denatalità, combinata con il rapido invecchiamento della popolazione, sta aggravando la situazione per gli imprenditori, ma anche per l’economia in generale: diminuisce l’offerta dei lavoratori e aumenta la spesa pensionistica a carico della finanza pubblica. È urgente sostenere nei fatti le famiglie e la natalità. Su questo dobbiamo lavorare, per uscire il più presto possibile dall’inverno demografico nel quale vive l’Italia e anche altri Paesi. È un brutto inverno demografico, che va contro di noi e ci impedisce questa capacità di crescere. Oggi fare i figli è una questione, io direi, patriottica, anche per portare il Paese avanti. [...]».2)
Note:

1) ACRR, Romini A., Epistolario completo, IX, Lettera 5204, Stresa 13 dicembre 1844. [ACRR = Biblioteca rosminiana di Rovereto]. Vedi anche GARIONI BERTOLOTTI GIUDITTA, Antonio Rosmini, II edizione, Libreria Editoriale Sodalitas (Stresa), Tip. Manfrini Calliano (Tn) ottobre 1981, pp. 244-245.
2) Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all'assemblea pubblica di Confindustria, Aula Paolo VI, Lunedì 12 settembre 2022, Libreria Editrice Vaticana.
  
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