Rosmini e i suoi contadini - Rovereto città di A. Rosmini

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Rosmini, storia: episodi roveretani
«I miei contadini di S. Ilario»
Il senso di giustizia profondamente radicato nel cuore di Antonio Rosmini lo porta a preoccuparsi dell'emancipazione culturale, morale e religiosa dei contadini che coltivavano le sue terre, nella contrada di Sant'Ilario1), a nord di Rovereto. La Famiglia Rosmini, assai ricca, possedeva in loco degli appezzamenti, che Antonio aveva ereditato alla morte del padre. L'abate roveretano non li tratta da meri braccianti. Oltre a pagarli bene, infatti, si preoccupa della loro istruzione, per toglierli dall'ignoranza, dalla miseria culturale e dai vizi, sviluppando  in loro doti e virtù, affinché diventino uomini e donne migliori, validi cittadini e bravi cristiani. Li chiama affettuosamente «i miei contadini di S. Ilario». Nel 1836 aveva avviato la pratica per acquistare l'antica chiesa di S. Ilario e affidarla ad un sacerdote a loro vantaggio spirituale 2).
Rovereto, chiesa di Sant'Ilario.
Rosmini aveva appositamente inviato un sacerdote a Sant'Ilario per istruire i "suoi" contadini, in quanto compredeva che essi non sarebbero mai andati a Rovereto3) per seguire le catechesi domenicali, specie la sera, essendo il momento della giornata «più pericoloso»4). Non era inoltre facile trattare con questa parte di popolazione «quasi abbandonata e sbrancata», scrive il Rosmini all'arciprete di S. Marco 5).
 
Nel servizio di carità verso queste persone, il sacerdote era affiancato dalla cognata del Rosmini, la baronessa Adelaide Cristani de Rallo. La «missione» aveva dato i suoi frutti, tanto che i contadini, contenti dell'iniziativa intervenivano con assiduità. 6)
Approva inoltre la decisione dell'arciprete di S. Marco di inviare il sacerdote  a Sant'Ilario due volte in settimana (oltre alla domenica anche il giovedì), affinché potesse avere particolare cura dei fanciulli, che risultavano penalizzati nelle catechesi della domenica. Perché penalizzati? Perché la domenica  il sacerdote si vedeva costretto a dividere la cura tra adulti e fanciulli, a discapito, per ovvi motivi, di quest'ultimi, che però costituivano l'elemento più importante.
Inoltre svolgere l'insegnamento religioso due volte in settimana, per Rosmini è meglio, «perché il cibo ripartito suol fare maggior pro’ del cibo dato tutto in una volta» 7).
Il senso di giustizia di Rosmini lo porta non solo a fare il bene dei contadini,
ma ad essere fermo quando si tratta del loro bene,
come farebbe un papà amorevole con i propri figli.
Un'episodio interesseante in tal senso
vide coinvolto il Rosmini ed alcuni dei "suoi" contadini
Note:

1) Oggi frazione della città di Rovereto, al confine col comune di Volano.
2) ACRR, Rosmini A., Epistolario completo, IX, Lettera 5237, Stresa 3 gennaio 1845. [ACRR = Biblioteca rosminiana di Rovereto]. Sulla chiesa di S. Ilario: PAGANI-ROSSI, La Vita di Antonio Rosmini, Arti Grafiche Manfrini (Rovereto) 1959, vol. I (II), p. 681.
3) Avrebbero tra l'altro dovuto percorrere circa tre chilometri, a piedi, tra i campi.
4) ACRR, Rosmini A., Epistolario completo, VIII, Lettera 4861, Stresa 10 ottobre 1843.
5) ACRR, Rosmini A., Epistolario completo, IX, Lettera 4860, Stresa 22 dicembre 1844. [All'arciprete di Rovereto don Benedetto de Ricabona].        
6) ACRR, Rosmini A., Epistolario completo, IX, Lettera 5217, Stresa 22 dicembre 1844. [A don Antonio Gasperini a Rovereto].
7) ACRR, Rosmini A., Epistolario completo, VIII, Lettera 4861, Stresa 10 ottobre 1843.
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