Rosmini: la cognata Adelaide - Rovereto città di A. Rosmini

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Rosmini, la vita: la famiglia, la cognata Adelaide
«La Pastorella di S. Ilario»
Antonio Rosmini la chiama la «pastorella di S. Ilario».1)
La baronessa Adelaide Cristani de Rallo ne aveva sposato il fratello Giuseppe, ed era venuta a vivere nel palazzo della famiglia Rosmini  (oggi Casa natale Rosmini). Persona caritatevole, molto disponibile ai bisogni del prossimo, a qualunque ceto sociale appartenesse, intelligente, colta, profondamente religiosa, dal carattere dolce, ma anche forte, accoglie con impegno ed entusiasmo la proposta del cognato Antonio di aiutare i contadini che coltivavano i terreni di proprietà dei Rosmini nella contrada di Sant'Ilario, a nord di Rovereto. Il particolare compito affidatole era quello di istruirli nell'insegnamento della religione cristiana, in modo da permetterne la crescita umana e spirituale, toglierli dall'ignoranza e dalla corruzione dei vizi a cui erano dediti, renderli cittadini responsabili e cristiani maturi nella fede.
Stando a quanto riferisce il Rosmini nelle sue lettere, la contrada di Sant'Ilario era una zona disagiata dal punto di vista sociale, abbandonata a se stessa e con problemi vari dovuti anche al vizio dell'alcool.
Per porvi rimedio, il Rosmini vi aveva inviato, oltre alla cognata, un sacerdote che seguisse i "suoi" contadini  dal punto vista religioso, con i sacramenti e le catechesi. Adelaide si occupava anche della chiesa e del suo arredo per le sacre funzioni. Sarà lei a convincere un «noto giovinetto di S. Ilario» 2), forse un po' ribelle, a frequentare le scuole, così da essere d'esempio ad altri coetanei.
L'attivarsi per un malato, la segnalazione di un povero, il sostegno morale o psicologico a persone in difficoltà, la preghiera per le persone lontane da Dio, erano all'ordine del giorno per la baronessa.  
Dolce, paziente con il marito Giuseppe, di cui deve sopportare il carattere non facile, gli sbalzi d'umore, l'indolenza e l'attaccamento al denaro, Adelaide riesce in parte ad ammansirlo, facendogli aprire il cuore e il “portafoglio” verso i miserabili.

Il Rosmini aveva avviato una raccolta di fondi in favore dei poveri irlandesi cattolici, che a milioni  «languiscono nell'estrema miseria»3); così scrive alla cognata che coinvolge nel progetto.  La generosità di Adelaide non si fa attendere, è subito disponibile a privarsi di un ornamento a lei caro, la collana di fidanzamento, ma Antonio, con un gesto di delicatezza verso di lei, rifiuta l'offerta, invitandola piuttosto a coinvolgere altre persone, ma in particolare a spronare il marito Giuseppe, in quanto anzitutto «farebbe una carità a sé stesso» 4). E così alla fine in favore degli irlandesi giunge da Giuseppe una buon contributo in denaro 5).  

Adelaide e, grazie a lei,  il marito Giuseppe lasceranno un segno anche a Marco di Rovereto.

Lettere alla cognata Adelaide:
Il matrimonio come santificazione personale...
Tutto nella Chiesa, anche il matrimonio, ha come fine la santificazione dell'essere umano, se ovviamente ci si affida a Dio:

«Mia stimatissima cognata,
Annunziandomi nella cara vostra lettera la contentezza e la felicità vostra, me ne avete reso partecipe. Sì, ne ho goduto assai e ringraziato il Signore che abbia ordito e benedetto il vostro nodo, che riuscirà il mezzo altresì della vostra santificazione. Giuseppe non è meno felice di voi: me ne assicura con una sua lettera; né, a dir vero, potea essere altrimenti; perocché nel matrimonio la felicità o è comune agli sposi, o di nessuno. Continuate dunque entrambi così, e la felicità che troverete sempre più nel Signore amandovi, vi conforterà a sostenere quelle traversie, dalle quali non suol essere mai scompagnata questa vita mortale. [...]».6)
«Stimatissima mia cognata,
La felicità di cui voi mi assicurate godere nel nuovo vostro stato e quella che gode per cagion vostra il mio povero Giuseppe, è un argomento di più che dimostra come il Signore ha cura di quelli che in lui si confidano e in lui s’appoggiano. Sì, Giuseppe nelle sue angustie sperò nel Signore, e il Signore gli trovò voi che gli siete di tanto aiuto e conforto; voi che egli non conosceva, che noi tutti non conoscevamo se non di nome, e solo un anno prima del vostro matrimonio; voi finalmente che non pensavate certo a Giuseppe, e sul quale forse non sarebbe caduta mai la vostra spontanea elezione. Poiché adunque il Signore vi ha benedetti, godetevi la sua benedizione in pace e nel suo timore».7)
Come affronta la morte il vero cristiano...
Ad Adelaide muore la sorella Giuseppina, un grande dolore, umanamente parlando, ma vissuto senza disperazione alcuna, perché nell'ottica della fede l'ultima parola spetta sempre alla speranza.
Antonio Rosmini conforta la cognata, ma al tempo stesso con le sue parole non aggiunge nulla che già lei non stesse vivendo, sostenuta dalla sua forte fede:

«Mia carissima cognata,  
Se la vostra lettera, colla quale mi notificate la nuova perdita che voi, vostra madre, e noi tutti facemmo nella morte della sorella Giuseppina, non fosse già piena di sentimenti i più consolanti dedotti da quella religione che vi sta in cuore, vorrei ben ora esortarvi  a trovare in Dio quel conforto che non sa dare la terra né gli uomini nelle più fiere disavventure. Ma poiché voi avete vestito quell’armatura di fede, che rende i veri cristiani invulnerabili, mi limiterò a far plauso agli stessi vostri sentimenti. Sì, la speranza che i nostri cari, defunti nel Signore, abbiano già conseguita la mercede delle loro buone opere, o almeno abbiano posto in sicuro per sempre la loro salute, e tal pensiero che non ci può lasciare piangere essi, i quali sebbene sottratti ai nostri sguardi corporei, non sono morti, ma anzi vivi di una vita maggiore, ed immortale.
  
Non gli rincresca di essere stato generoso...
Antonio Rosmini



«Godo che Giuseppe si sia mostrato generoso coi poveri irlandesi: io per ora non intendo dimandargli nulla per essi, sapendo che fa da sé; per altro inculcategli che non gli rincresca mai d’essere stato generoso, e di avere soccorso molti infelici sulla parola di Gesù Cristo. Egli ne avrà anzi grande usura: nulla valgono i danari finché si tengono nello scrigno, cominciano ad avere valore quando passano nelle mani d’altri per mezzo della beneficenza. Mia buona Adelaide, spero che voi sarete una buona predicatrice di carità, sempre colla vostra prudenza e dolcezza».

Lettera alla cognata,
Stresa 4 ottobre 1847.
Essi riderebbero del nostro pianto, o più tosto avrebbero rincrescimento della nostra ignoranza, o della nostra debolezza. Che se vogliamo piangere la perdita nostra, se la natura vuole sfogarsi; almeno la parte superiore fermamente creda che Dio è ugualmente buono quando ci dà quel che amiamo, e quando cel toglie: di maniera che siamo grati egualmente ai pegni del suo amore, o siano conformi od opposti alle inclinazioni dell’inferma natura: tanto più che in questi ultimi si nascondono solitamente dei tesori soprannaturali ch’egli ci offerisce in dono, se noi vogliamo riceverli.
E qual tesoro maggiore che l’occasione di distaccare il cuore da tutte le cose della terra per darlo a lui solo? Poiché le perdite delle cose e delle persone care ci aiutano mirabilmente a ciò, mostrandoci che tali oggetti in cui avevamo posto il cuore, non sono stabili, ma transitori e fugaci; e che ad ogni modo dovremo disunirci da essi, abbandonandoli noi stessi un giorno, se essi i primi non ci abbandonano. Qual tesoro maggiore che l’occasione di uniformare il volere nostro al divino, anche nelle cose più acerbe? Perché solamente negli avvenimenti più acerbi può fare l’uomo a Dio un sacrificio più accettevole di sé stesso, il che è sommo merito che raccorre non si può colle sole prosperità. Ma che fo io, che entro a sviluppare quei concetti, che io mi prefiggevo solo di confermare e lodare nella vostra lettera? Basti adunque così, mia cara Adelaide: io raccomandai e terrò raccomandata a Dio la bell’anima di Giuseppina [...]».8)
Note:

1) ROSMINI A., Epistolario completo, IX, Lettera n. 5214, Stresa 22 dicembre 1844, [al fratello Giuseppe].
2) ROSMINI A., Epistolario completo, IX , Lettera n. 5143, Stresa 3 novembre 1844, [alla cognata Adelaide].
3) ROSMINI A., Epistolario completo, IX , Lettera n. 5846, Verona 15 aprile 1847, [alla cognata Adelaide].
4) Ibidem.
5) Lettere da cui si sono attinte informazioni per scrivere questa pagina:
ROSMINI A., Epistolario completo: VIII, Lettera 4886 Stresa 18 novembre 1843; IX, Lettera n. 5143 Stresa 3 novembre 1844, Lettera n. 5214 Stresa 22 dicembre 1844, Lettera n. 5399 Stresa 25 giugno 1845, Lettera n. 5603 Stresa 24 aprile 1846, Lettera n. 5723 Stresa 22 ottobre 1846, Lettera n. 5846 Verona 15 aprile 1847; X, Lettera n. 5860 Verona 14 maggio 1847, Lettera n. 5988 Stresa 4 ottobre 1847, Lettera n. 5990 Stresa 10 ottobre 1847, Lettera n. 6003 Stresa 24 ottobre 1847, Lettera n. 6245 Roma 4 ottobre 1848, Lettera n. 6534 Stresa 28 marzo 1850; XI, Lettera n. 6569 Stresa 26 maggio  1850, Lettera n. 6639 Stresa 8 settembre 1850, Lettera n. 6837 Stresa 25 maggio 1851, Lettera n. 6896 Stresa 28 luglio 1851, Lettera n. 7003 Stresa 5 dicembre 1851, Lettera n. 7039 Stresa 7 gennaio 1852; XII, Lettera n. 7437 Stresa 22 luglio 1853, Lettera 7468 Stresa 22 agosto 1853, Lettera 7558 Stresa 12 dicembre 1853, Lettera 7589 Stresa 2 gennaio 1854. [Le lettere sono indirizzate alla cognata Adelaide, al fratello Giuseppe o ad entrambi].                       
6) ROSMINI A., Epistolario completo, VIII, Lettera 4540, Stresa 8 maggio 1842, [alla Baronessa  Adelaide Rosmini-Cristani a Rovereto].
7) ROSMINI A., Epistolario completo, VIII, Lettera 4558, Stresa 15 giugno 1842, [a Adelaide de' Rosmini-Serbati a Rovereto].
8) ROSMINI A., Epistolario completo, IX, Lettera 5143, Stresa 3 novembre 1844, [ad Adelaide Rosmini-Serbati a Rovereto].
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