Rosmini, fede: Catechesi roveretane
Qual è la vera libertà?
«Dobbiamo totalmente e continuamente riconoscerci dipendenti da Dio».
(A. Rosmini)
E' vero! Il termine dipendenza, al giorno d'oggi, ci fa arricciare il naso, ma, a ben rifflettere, solo quando parliamo di Dio.
Eppure ognuno di noi dipende da tutto e da tutti, a partire dalla nascita, quando per poter vivere e crescere siamo totalmente dipendenti dai genitori e da altre persone attorno a noi.
Vedendo che Dio è l'unico vero Creatore di tutte le cose, dunque Onnipotente, e che ne è il solo vero Conservatore, dunque Onnipresente, l'essere umano - afferma il Rosmini - è chiamato a sottomettersi a Dio «per giustizia ed equità» e «necessariamente»1).
La sottomissione che Dio desidera dagli uomini scatuisce dall'Amore, non è la sottomissione imposta da un tiranno che sottomette gli altri con la violenza. E' importante tenere pesente questo aspetto.
Tutti sanno cogliere la bellezza della natura anche chi dice di non credere. Dio ha creato un mondo stupendo, che ci è stato donato per amore: dalla bellezza del dono si può cogliere la Bellezza, che include anche la Bontà, del Creatore, e che supera di gran lunga quella del dono.
Dio, dunque, sa meglio di noi, avendoci creati, cosa è bene e cosa è male per noi. Sottomettersi a Lui, significa ascoltarLo, dunque fare il nostro bene. Dio ci è Padre: dopo tutto, se ci pensiamo, anche i genitori, sulla terra, desiderano essere ascoltati e ubbiditi dai propri figli.
Siamo proprio sicuri di non dipendere da niente?
Possiamo programmare qualcosa,
avendo la certezza matematica che non ci saranno imprevisti?
Se siamo pendolari e il treno è in ritardo,
possiamo farlo arrivare puntuale?
Se ci piace esagerare nel bere alcolici,
non diventiamo forse dipendenti da essi?
Se assumiamo sostanze stupefacenti,
non divendiamo dipendenti da esse?
Se ci piace fumare,
non diventiamo dipendenti dalla sigaretta?
Se giochiamo d'azzardo,
non diventiamo dipendenti dal denaro?
Se siamo malati,
non siamo dipendenti da chi ci assiste?
Domanda il Rosmini: come possiamo noi accertarci se siamo dipendenti da Dio? Quando si dice che un figlio dipende dal proprio padre? Quando fa la sua volontà, cioè quando ubbidisce. «Sono dunque perfettamente dipendenti da Dio coloro che adempiranno perfettamente la sua volontà» 2).
Il Rosmini è vissuto in un periodo in cui la gran parte delle famiglie era unita in matrimonio e i figli erano abbastanza numerosi, anche se non mancavano problemi. E forse molti avevano, rispetto ad oggi, un'immagine più solida alle spalle della figura materna e paterna. Lo stesso Rosmini ebbe la fortuna di avere una famiglia, che ha saputo amarlo ed educarlo nel migliore dei modi.
Probabilmente oggi è più difficile comprendere determinati discorsi, ma fino ad un certo punto. L'obbedienza dei figli ai genitori comporta ovviamente che questi ultimi siano tali, siano genitori maturi e si occupino amorevolmente e senza egoismo dei propri figli. E' chiaro che se i genitori insegnano cose cattive ai figli, questi non sono tenuti ad obbedire, ma piuttosto a seguire la propria coscienza.
Chi ha una difficile situazione familiare alle spalle potrebbe far riferimento ai genitori "come li avrebbe voluti": forse gli potrebbe così riuscire un po' più facile comprendere l'argomento.
Al giorno d'oggi, inoltre, molti bambini e giovani hanno tutto dal punto di vista materiale, ma non vengono più educati alla gratitudine, a saper ascoltare i genitori, ma anche altri adulti di riferimento, che cercano di fare il loro bene. La gratitudine è importante nelle relazioni, ognuno di noi si sente ferito dalle persone ingrate, e questo vale anche nei confronti di Dio.
«...servire a Dio è regnare...»
A. Rosmini - Storia dell'Amore
Solo in Dio c'è conforto e fortezza nei dolori
Mentre é a Padova per gli studi universitari, Antonio viene a sapere della poca salute del fratello Giuseppe. Alla notizia si addolora, ma al tempo stesso ripone grande fiducia in Dio, sapendo che ogni cosa è da Lui disposta per il nostro bene. Così scrive alla madre:
«[...] Ma, ohimè! che la nuova della poca salute del fratello mi ferisce profondamente: si assicuri che questa fu per me un arrecarmi la più amara afflizione. Ma pure sia benedetto Dio in ogni cosa, ed Egli, che ci dà tutti i beni, saprà troppo ben la ragione perché talvolta vi frammischia dei mali. Riposiamo in lui: un cuore che sa mirare e appoggiare in Dio trova in lui conforti e sì fatta fortezza, che pare cosa incredibile e miracolosa ai volgari, ed anche a tutta la profana filosofia. Si dica pure e si vanti, che proprio è della natura umana sentire, e amareggiarsi nei mali: intanto chi sa i prodigi della pietà, sa pure che nel suo Dio il cristiano trova non solo medicina, e requie ai dolori, ma anche consolazione sì grande, che, sparite e dileguate le amarezze e le nebbie, una incredibile dolcezza resta solo nel pianto medesimo, e una serenità pura e soave [...]»3).
Note:
1) Catechesi V, Rovereto 7 dicembre 1834, in ROSMINI ANTONIO, Catechesi parrocchiali, collana "Antonio Rosmini, Maestro per il terzo millennio", Le Opere: 1, (a cura di Gianni Picenardi), Edizioni Rosminiane Sodalitas, Stresa 2012, p. 33.
2) Catechesi IV, Rovereto 30 novembre 1834, in ROSMINI ANTONIO, Catechesi parrocchiali, op. cit., p. 30.
3) ROSMINI A., Epistolario completo, Lettera 97, Padova 29 gennaio 1817, [alla Nobile Signora Giovanna Rosmini a Rovereto].