Rosmini, la vita: a Rovereto
L'adolescenza
Ad undici anni Antonio Rosmini entra al ginnasio di Rovereto e vi rimane fino al 1814. Più che dalle materie scolastiche è attratto dalla ricerca personale in molti campi dello scibile umano. La sua curiosità è insaziabile, favorita dalla ricca biblioteca di famiglia e dall'amorevole sostegno dello zio Ambrogio. Approfondisce i Padri della Chiesa, Platone in latino, legge volentieri i trattati di storia, i classici italiani e latini. Dei suoi primi abbozzi di opere e trattati rimane Il giorno di solitudine.
Molto sensibile fin da bambino alla "buona" amicizia, nel 1812 fonda l'Accademia dei Vannettiani, un'accademia privata a cui aderisce una ventina di coetanei, con i quali aveva l'abitudine di discutere su tematiche prevalentemente letterarie. L'obiettivo del sodalizio, che prendeva il nome dal letterato roveretano Clementino Vannetti, era quello di infervorare i giovani nell'amore della religione e nelle sane lettere. I titoli per accedervi non erano la nobiltà del casato, la ricchezza e neppure l'ingegno - cose di cui peraltro il giovane Antonio era dotato - ma l'amore allo studio e una virtuosa vita cristiana, che anche il Rosmini possedeva ma che giudicava qualifiche migliori delle precedenti. Essendo "società di amici", non dovevano trovare posto litigi e contese, e qualora sorgessero diverbi dovevano essere risolti pacificamente attraverso un sindacato. Il patrono dell'Accademia era san Luigi Gonzaga, santo protettore degli studenti.
Nel rapporto con gli amici-soci emerge il lato caritatevole del Rosmini: il sodalizio infatti possedeva per le spese una cassa comune, a cui dovevano contribuire gli aderenti. Non tutti però potevano permettersi di pagare, allora Antonio, per sollevarli dal peso o per risparmiare loro la vergogna di non poterlo sostenere, dava loro l'occorrente in segreto, prendendolo dal suo "gruzzolo".
A sedici anni manifesta il primo sentore della sua futura vocazione. Nel 1813 annota infatti nel suo Diario: «Quest'anno fu per me un anno di grazia: Iddio m'aperse gli occhi su molte cose, e conobbi che non eravi altra vera sapienza che in Dio».
Terminato il ginnasio, l'opportunità di studiare privatamente, con altri giovani, sotto la guida di don Pietro Orsi, figura molto preparata, saggia ed intelligente di sacerdote roveretano, gli permetterà di approfondire la fisica, la matematica, ma soprattutto la filosofia, materia per la quale fu amore a prima vista, la disciplina per eccellenza che approfondirà per l'intera vita. Si accosta dunque al pensiero di Kant, Fichte, Schelling ed Hegel. Pietro Orsi porterà i suoi studenti a passeggiare lungo le rive del Leno o in campagna, incoraggiandoli a vivaci conversazioni sulle materie insegnate.
Il biennio privato si conclude nel 1816 con l'esame al Liceo imperiale di Trento, con esito brillante. Gli esaminatori lo giudicano: «ragazzo distintissimo e dotato di ingegno assai vigoroso».1)
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Note:
1) Informazioni prese da: PAGANI-ROSSI, La Vita di Antonio Rosmini, Arti Grafiche Manfrini (Rovereto) 1959, vol. I (II), pp. 56, 58-59, 75-76, 88, 186; MURATORE UMBERTO, Conoscere Rosmini - Vita e spiritualità, Edizioni Rosminiane Stresa 2002, pp. 8-9.